Poeta, narratore e drammaturgo italiano. Trascorse un lungo periodo della sua
giovinezza ad Alessandria d'Egitto, dove strinse un rapporto di amicizia con G.
Ungaretti, personalità che avrebbe inciso profondamente sul suo futuro di
scrittore. Le prime opere, realizzate in versi (con qualche rara prosa poetica),
uscirono negli anni precedenti alla prima guerra mondiale:
Fole (1910),
Montignoso (1912),
Lo Spaventacchio (1914). Ispirate a favolose
memorie della Versilia, queste liriche sono pervase da un gusto popolaresco e
pungente, che riesce a dare vita a immagini vivaci e piene di luce. Tornato ad
abitare in Italia,
P. si stabilì a Viareggio, dove lavorò,
dapprima a forme d'arte popolare come i
Maggi (rappresentazioni teatrali
di tema epico e cavalleresco) e successivamente ad opere di carattere
drammatico:
Giuda (1918),
Prime piogge d'ottobre e
Rosa di
Sion (1919),
Parole di scimmie e di poeti (1922),
La Passione di
Cristo (1923). L'autentica vocazione dell'autore si rivelò, tuttavia,
la narrativa, come dimostra il suo primo breve romanzo poetico, il
Moscardino (1922), vivida rievocazione dell'infanzia, cui fa da sfondo la
Versilia; questa terra, descritta con realismo, in un linguaggio che fonde il
toscano letterario al dialetto viareggino e della Versilia, danno spesso vita a
colorite mescolanze di sapore impressionistico. Il ricordo dell'infanzia
continua nelle opere narrative successive,
Volto santo (1924),
Il
servitore del diavolo (1931),
Magoometto (1942), in cui all'immagine
del ragazzo cresciuto in terra versiliese subentra il racconto delle eccezionali
vicende occorse in seguito in Egitto. Seguirono altri romanzi:
Il
forestiero (1937),
La Maremmana (1938),
Il trenino dei sassi
(1940),
L'acquapazza (1942),
Rosalia (1943). Dopo aver raccolto
gli scritti in versi nel volume conclusivo
Arie bifolchine (1943) e i
quattro romanzi autobiografici nell'unico libro
Il romanzo di Moscardino
(1944),
P. si dedicò nuovamente alla narrativa, ma con uno stile
differente, in cui si persero l'attento realismo e l'immediatezza di
rappresentazione degli inizi per passare a toni più oscuri e torbidi, in
cui sul limpido racconto dei sentimenti prevale il turbinoso susseguirsi di
fatti avventurosi e complessi. Questo nuovo modo di trattare la materia
narrativa emerge già nel romanzo
Solaio (1941), ma si fa
più esplicito in
Lisetta e
Malaria di Guerra (1946),
Zitina (1949) e
Peccati in piazza (1956). Tra gli ultimi scritti,
infine, si ricordano le suggestive memorie di
Vita in Egitto (1949), i
ritratti femminili di
La figlioccia e le altre donne (1954), il saggio
Il "Maggio" in Versilia (1954), legato alla precedente esperienza dei
Maggi (Seravezza, Lucca 1881 - Forte dei Marmi, Lucca 1958).